Quando nella comunicazione non c'è futuro...

Quando nella comunicazione non c'è futuro...

La comunicazione politica dei partiti sovranisti in giro per il mondo ha una caratteristica affascinante: riesce a parlare a milioni di persone facendo leva su un’emozione potente e primordiale, la paura. Non si tratta di una novità, perché la politica, da sempre, gioca sulle emozioni per mobilitare consensi. Ma c’è qualcosa di particolare nel modo in cui il sovranismo utilizza la paura nella propria strategia, trasformandola in una sorta di ansiolitico comunicativo. Lo scrittore Christian Raimo ha definito la comunicazione di parte della destra italiana proprio in questi termini: un linguaggio che, dopo aver instillato un senso di insicurezza e precarietà, offre anche una soluzione rassicurante, netta, senza sfumature.

Prendiamo ad esempio il tema dell’immigrazione. Da anni i leader della destra italiana insistono su un immaginario di “invasione”, rafforzato da immagini di sbarchi, titoli allarmistici e dichiarazioni che evocano scenari di insicurezza e perdita di identità. Ma subito dopo arriva la promessa tranquillizzante: chiudere i porti, bloccare gli arrivi, difendere i confini. La paura viene prima amplificata, poi placata con una soluzione netta e apparentemente semplice. Ma perchè "gli altri" non ci hanno pensato prima!  Un processo simile avviene con la criminalità, spesso associata agli immigrati, anche quando i dati dicono che i reati sono in calo. Eppure, la percezione è diversa, e ciò che conta è proprio questa percezione, non la realtà numerica.

Questa strategia funziona perché il nostro cervello è organizzato per reagire più rapidamente alle emozioni negative. La paura ci attiva, ci spinge a cercare protezione, a trovare un riferimento forte. La destra politica, sia in Italia che altrove, ha affinato nel tempo la capacità di incanalare questa reazione istintiva, offrendo una narrazione chiara e una guida sicura. Lo stesso vale per il tema della sovranità: l’Unione Europea diventa il nemico che toglie libertà all’Italia, ma c’è sempre una soluzione: riprendersi il controllo, uscire da certe dinamiche, riaffermare la propria identità.

Roberto Cammarata, in un’intervista su BeeMagazine, spiega come la comunicazione della destra radicale sia andata evolvendosi, adottando tecniche sempre più sofisticate per fare leva su sentimenti di insicurezza diffusa. Secondo Cammarata, il linguaggio si è adattato ai nuovi media, rendendosi ancora più immediato ed emozionale. Anche un’analisi dell’Università di Limoges evidenzia come partiti come la Lega abbiano costruito un immaginario politico basato sulla semplificazione e sulla polarizzazione: da una parte il “popolo onesto”, dall’altra l’élite corrotta o gli invasori esterni. Questa visione manichea rafforza la sensazione che il problema sia chiaro e che la soluzione sia altrettanto semplice.

E se qualcosa nella quotidianità e nella società va male, la colpa è sempre di qualcun altro. Mai nostra.

Questa strategia comunicativa, oltre a semplificare i problemi, ricorda molto il principio del "divide et impera" adottato dagli antichi romani. Giulio Cesare, ma anche Filippo II di Macedonia prima di lui, sfruttavano la frammentazione interna dei loro nemici per evitare che si unissero contro di loro. Analogamente, la comunicazione politica della destra enfatizza le divisioni sociali, separando il "popolo vero" da un nemico costruito ad hoc: l’élite, gli immigrati, l’Unione Europea. Questo meccanismo non solo alimenta il consenso, ma impedisce la formazione di un'opposizione coesa, mantenendo il potere saldo nelle mani di chi guida questa narrazione.

Ma la politica non è semplice, e la realtà lo è ancora meno. Il problema di una comunicazione basata sulla paura e sulla rassicurazione immediata è che spesso non affronta le vere radici dei problemi. Creare un clima di allarme permanente può essere efficace a livello elettorale, ma non sempre porta a soluzioni reali. Anzi, a livello sociale sta producendo generazioni di individualisti, soli e terrorizzati, rinchiusi nei loro fortini. Sia ideologici che fisici. Sta producendo generazioni di persone che non riescono a vedere un futuro positivo, sempre più ansiosi e sempre più malati.

Resta il fatto che questa strategia funziona (a livello elettorale), e finché continuerà a dare risultati, sarà difficile che la destra italiana rinunci a questa forma di narrazione.

Se c’è una lezione da trarre, forse, è che anche chi si oppone a questa visione dovrebbe riflettere su come comunicare in modo più efficace. Trovare un modo per raccontare il futuro senza far leva solo sui timori del presente potrebbe essere la vera sfida per la politica italiana nei prossimi anni.