Sapete che l’Europa ha un sistema per ridurre le emissioni inquinanti e che l’Italia, invece di sfruttarlo per combattere il cambiamento climatico, lo sta usando per abbassare le bollette dell’energia fossile? Sembra assurdo, ma è proprio così.
Da anni l’Unione Europea ha attivato l’Emission Trading System (ETS), un meccanismo che obbliga le aziende più inquinanti a comprare permessi per poter emettere CO₂. In pratica, più inquini, più paghi. L’idea è semplice: rendere costoso l’inquinamento per incentivare le imprese a investire in tecnologie pulite e ridurre le proprie emissioni. Ogni anno vengono messe all’asta delle quote di emissione e i soldi ricavati finiscono nelle casse degli Stati membri, con l’indicazione chiara di usarli per accelerare la transizione ecologica.
Tutto molto bello sulla carta. Peccato che, secondo un recente rapporto del Centro Studi ECCO, l’Italia non stia facendo la sua parte. Tra il 2014 e il 2024, il nostro Paese ha incassato 15,6 miliardi di euro dalle aste ETS, ma ha destinato alla lotta contro il cambiamento climatico solo il 9% di questa cifra. E il resto? Una bella fetta è finita a coprire altri buchi di bilancio e, più recentemente, a calmierare il costo delle bollette energetiche. Solo nel 2021-2022, ben 3,6 miliardi di euro sono stati usati per ridurre il prezzo dell’energia, compresa quella proveniente da fonti fossili. Insomma, invece di usare questi soldi per rendere più accessibili le rinnovabili, il governo li ha impiegati per abbassare i costi dell’energia che il sistema ETS dovrebbe rendere più cara.
È un po’ come se un’azienda venisse multata per l’inquinamento prodotto e poi, il controllore, usasse quei soldi per pagare parte della multa e finanziare ulteriormente i combustibili fossili. Un controsenso totale, che rischia di vanificare uno degli strumenti più efficaci che abbiamo per spingere il mercato verso soluzioni più sostenibili.
E non è tutto: le regole europee dicono chiaramente che almeno il 50% dei proventi ETS dovrebbe essere investito in progetti legati alla transizione ecologica. L’Italia, invece, è rimasta ferma al 9%, ben lontana dall’obiettivo. Nel frattempo, altri Paesi come la Germania o la Francia stanno investendo questi fondi per migliorare l’efficienza energetica, incentivare le rinnovabili e sostenere le famiglie nella transizione.
Ma allora perché l’Italia non segue questa strada? Forse perché la transizione ecologica non è ancora una priorità politica per chi governa. La verità è che abbiamo un’occasione d’oro per accelerare la decarbonizzazione, creare posti di lavoro nel settore green e ridurre la nostra dipendenza dai combustibili fossili. Ma se continuiamo a usare i fondi ETS in modo improprio, rischiamo di perdere un’opportunità cruciale per il nostro futuro.
La domanda è: vogliamo davvero cambiare rotta o continueremo a boicottare i meccanismi che funzionano?