Negli ultimi giorni, una notizia ha fatto il giro del mondo nel settore della ricerca energetica: a Singapore è stata sviluppata una batteria di carta, una tecnologia che promette di essere più sicura, economica e performante rispetto alle classiche batterie al litio. Questa innovazione, realizzata con materiali biodegradabili e a basso impatto ambientale, è solo l’ultima di una lunga serie di scoperte che potrebbero rivoluzionare il modo in cui immagazziniamo e utilizziamo l’energia.
Parlare di batterie e di stoccaggio dell’energia non è mai stato così importante. Con la crescita esponenziale delle rinnovabili, trovare soluzioni per accumulare l’elettricità prodotta da fonti intermittenti come il sole e il vento è la chiave per una transizione energetica efficace. Ed è qui che entra in gioco l’idrogeno verde, una tecnologia che sta guadagnando sempre più attenzione nel panorama internazionale, ma che presenta ancora numerose criticità.
Perché lo stoccaggio è fondamentale? I pannelli solari producono energia solo di giorno e le pale eoliche dipendono dal vento. Senza un sistema di accumulo efficiente, rischiamo di sprecare enormi quantità di elettricità rinnovabile o, peggio ancora, di dover ricorrere a fonti fossili per coprire i momenti di bassa produzione. Il litio ha dominato il settore delle batterie, ma le alternative stanno emergendo con forza, dal flusso redox alle batterie organiche.
Tra i protagonisti della ricerca sulle batterie troviamo realtà come Bettery, uno spin-off dell’Università di Bologna che ha sviluppato NESSOX, una batteria liquida redox in grado di immagazzinare molta più energia rispetto alle tradizionali al litio. Poi c’è Green Energy Storage, startup trentina che ha creato batterie a flusso basate sul chinone, un composto organico ottenuto da materiali naturali.
Energy Dome, una realtà tutta italiana che ha sviluppato la CO₂ Battery, un sistema di accumulo che utilizza l’anidride carbonica per immagazzinare e rilasciare energia in modo efficiente. Un impianto pilota è stato realizzato in Sardegna, vicino ad Ottana, ma non possiamo che sollevare qualche dubbio sul grande consumo di suolo.
Insomma, il know-how italiano non manca e il nostro Paese potrebbe giocare un ruolo di primo piano in questa transizione.
L’idrogeno verde: una soluzione con limiti
Tra le soluzioni più discusse c’è l’idrogeno verde, prodotto attraverso l’elettrolisi dell’acqua alimentata da energia rinnovabile. A differenza dell’idrogeno tradizionale, ottenuto da combustibili fossili, quello verde è una risorsa pulita e può essere immagazzinato a lungo termine. Tuttavia, ci sono diversi punti critici che sollevano dubbi sulla sua effettiva sostenibilità e convenienza.
Uno dei principali problemi riguarda il rendimento energetico: il processo di produzione dell’idrogeno verde è molto energivoro e inefficiente, con perdite significative in ogni fase, dalla produzione allo stoccaggio fino all’utilizzo finale. Questo significa che, rispetto ad altre soluzioni di accumulo, si rischia di sprecare una parte considerevole dell’energia prodotta. Inoltre, le infrastrutture necessarie per il trasporto e la distribuzione dell’idrogeno sono costose e complesse da realizzare, rendendo difficile la sua implementazione su larga scala.
Un’altra questione riguarda la sicurezza: l’idrogeno è altamente infiammabile e richiede tecnologie avanzate per il suo stoccaggio in forma liquida o gassosa ad alte pressioni. Questi aspetti comportano rischi che devono essere attentamente gestiti.
Non meno importante è il fattore economico. Attualmente, il costo di produzione dell’idrogeno verde è significativamente più alto rispetto alle alternative basate sui combustibili fossili, il che ne limita la competitività. Per renderlo un’opzione realmente sostenibile e accessibile, sono necessari investimenti massicci e politiche di incentivazione mirate.
Sardegna: un laboratorio a cielo aperto per l’idrogeno verde
Se c’è una regione che sta sperimentando progetti innovativi, quella è la Sardegna. Qui si stanno sviluppando iniziative per lo stoccaggio energetico e la produzione di idrogeno verde. Un esempio è Sotacarbo, a Carbonia, che sta realizzando un polo tecnologico per produrre idrogeno verde per il trasporto pubblico e combustibili puliti.
Anche Italgas ha investito in un impianto Power-to-Gas a Sestu, che utilizzerà l’energia solare per produrre idrogeno verde destinato alla mobilità e agli usi industriali. A Ossi, la Maffei Sarda Silicati ha avviato un progetto per produrre 44 tonnellate di idrogeno verde all’anno, con la prospettiva di crescere fino a 130 tonnellate.
Sardegna Ricerche sta sviluppando la Green Hydrogen Valley, un ecosistema che punta a integrare produzione, stoccaggio e utilizzo dell’idrogeno verde.
Innovazione sì, ma con una strategia chiara
L’innovazione nel settore energetico non è solo una necessità ambientale, ma anche un’opportunità economica. Tuttavia, è fondamentale valutare attentamente le diverse soluzioni per evitare investimenti poco efficienti. L’idrogeno verde, pur essendo una tecnologia interessante, non è una soluzione miracolosa e presenta ancora ostacoli tecnologici ed economici da superare.
L’Italia e l’Europa hanno il potenziale per diventare protagonisti della transizione energetica, ma devono investire nella ricerca con un approccio pragmatico, esplorando tutte le alternative disponibili e assicurandosi che le scelte siano realmente sostenibili nel lungo periodo.